aula magna

L’inaugurazione della nuova Aula Magna con l’allestimento e la riesposizione dei calchi in gesso fidiaci del prezioso e raro fregio del tempio di Atena, il Partenone (447-432 a.C.), segna un traguardo importante nell’ambito della politica culturale dell’Accademia, particolarmente attenta alla tutela e valorizzazione del suo prezioso patrimonio storico-artistico, documentario e librario, i cui topos sono la Galleria, la Gipsoteca, la Biblioteca Anna Caputi, l’Archivio Storico, il Teatro Antonio Niccolini e il Giardino dell’antico chiostro. L’Aula Magna è un altro importante capitolo che entrerà a far parte della storia della nostra Istituzione grazie all’attuale progetto architettonico che appunto include l’esposizione dei calchi delle parti decorative del Partenone.

Infatti, fin dalla seconda decade del XIX secolo, l’Accademia di Belle Arti di Napoli conserva nel suo cospicuo patrimonio di gessi antichi un nucleo importantissimo riguardante la decorazione scultorea del Tempio di Atena. Il complesso plastico, tranne tre lastre del fregio, è totalmente ricavato dai marmi che Lord Elgin portò in Inghilterra da Atene – dove il Partenone, che dal V secolo a.C. dominava con la sua mole l’Acropoli, era in stato di abbandono – e furono da allora esposti nel British Museum. Esaudendo gli auspici di Antonio Canova, il quale riteneva che ogni artista dovesse conoscere questi capolavori della scultura antica, venne realizzato un calco di tutti i marmi.

Il nucleo è composto da tre tipologie plastiche: metope, fregio e sculture dal frontone est. Le quattro metope, ad altorilievo, provengono dal lato sud del tempio (il solo dove si fossero conservate) e raffigurano scene della Centauromachia; il fregio, a bassorilievo, rappresenta la Processione panatenaica ed è composto di formelle che formano una scena continua; i gruppi scultorei, quasi a tutto tondo, sono due e presentano dei e dee. Tutti i calchi – tranne tre formelle del fregio, provenienti da Atene – giunsero a Napoli nel 1820 come dono di Giorgio IV d’Inghilterra a Ferdinando I di Borbone e sono di straordinaria qualità. E tutto ciò nasceva dalla ferma volontà di Antonio Canova che intendeva arricchire l’Accademia di Belle Arti di quegli archetipi del classico per antonomasia, indispensabili alla formazione degli artisti del futuro.

Ancora oggi il Partenone è simbolo di civiltà, archetipo di equilibrio, armonia e misura, massima espressione dei valori estetici ed etici dell’umanità, in una visione illuminata che esalta l’uomo nelle sue capacità intellettive e sentimentali. È un simbolo imperituro dell’antica Grecia e della democrazia ateniese e rappresenta senz’altro uno dei più grandi monumenti culturali del mondo.

Dal loro arrivo a Napoli nel 1820, i calchi fidiaci sono stati montati e smontati più volte e alcune di queste movimentazioni vi hanno purtroppo lasciato tracce. Un primo allestimento dovette essere a Palazzo degli Studi, forse appoggiando le lastre su mensole in legno. Un secondo allestimento, probabilmente quando l’Accademia si era già trasferita nell’attuale sede, ovvero l’antico convento di San Giovanni delle Monache restaurato da Errico Alvino, ha previsto l’ancoraggio delle lastre tramite chiodi con testa a vista; i fori vennero poi stuccati dopo la rimozione. Più tardi, lastre e metope furono allestite una terza volta, in un aula dove attualmente è situato il Teatro dell’Accademia, tramite zanche al di sopra del rilievo. L’allestimento è documentato da una foto storica dei primi anni del ‘900. Il fregio fu poi allestito per la quarta volta negli anni ‘50 all’interno del Teatro costruito tra il 1952 e il 1954 secondo il progetto e la direzione dei lavori di Giuseppe Cotugno. Rimosso alla fine degli anni ’90, è stato poi restaurato dalla Scuola di Restauro dell’Accademia. Intanto era chiaro che l’attuale restyling del Teatro Antonio Niccolini, su progetto di Massimo Alvisi, non poteva più prevedere l’esposizione del fregio alla luce delle sostanziali modifiche apportate sia nella sala, sia nel palcoscenico, così come è stato restituito da pochissimo a docenti e allievi, in occasione del “Premio delle Arti” nel giugno 2010.

Per tutti coloro che sono stati coinvolti in questo nuovo progetto, la collocazione del fregio, nonché quella delle metope e delle statue fidiache, ha rappresentato una sfida impegnativa al pari dell’apertura della Gipsoteca. Il restauro, durato cinque anni e iniziato quando era direttore Alfredo Scotti, è stato diretto da Augusto Giuffredi. Contemporaneamente si è condotta un’approfondita indagine storica e iconografica volta a studiare anche una adeguata collocazione, senza la quale ogni restauro non può dirsi terminato. Per quanto l’edificio dell’Accademia sia apparentemente enorme, il valore architettonico dei grandi corridoi del primo piano e dall’ampio scalone non permettevano di pensare ad una collocazione al loro interno senza stravolgere un ambiente storicamente connotato. Per questo, la ricerca di uno spazio adeguato è stata il frutto di una discussione approfondita durata più di un anno che ha coinvolto, oltre chi scrive ed Augusto Giuffredi, anche il Soprintendente Stefano Gizzi, progettisti e allestitori come gli architetti Lucio Turchetta e Nicoletta Ricciardelli, nonché studiosi di alto profilo come i coniugi Mertens, tra i massimi esperti di arte greca, ai quali va tutto il nostro debito di gratitudine. Va sottolineato come queste ricerche siano state seguite passo passo dagli studenti che hanno a più riprese collaborato con la direzione scientifica, creando quello che è davvero un cantiere-scuola, ovvero un cantiere di conoscenza.

L’individuazione della grande sala al primo piano e della sua antisala e la decisione del Consiglio Accademico, in sintonia con il Presidente e il Consiglio di Amministrazione, di destinarla ad Aula Magna, ha consentito di individuare contestualmente e finalmente il luogo ideale per esaltare l’unicità della decorazione plastica fidiaca.

La felice attuale soluzione ha ovviamente tenuto conto di seri studi iconografici e storiografici. Nel Partenone la processione aveva inizio all’angolo sud-ovest della cella; i calchi riproducono la sequenza narrativa, partendo dal lato ovest. È stato svolto un lungo lavoro di analisi e studio della documentazione fotografica storica degli originali che raccoglie in un’unica sequenza le lastre presenti nei musei di diversi Stati. L’attenzione è stata rivolta, chiaramente, alla collezione presente al British Museum di Londra, poiché è dall’Inghilterra che si diffusero le copie dei marmi del Partenone e da cui provengono anche quelle conservate nell’Accademia di Napoli. In tal modo è stato possibile individuare e ordinare i calchi analizzati. Così, durante le ultime indagini sono state riconosciute tre lastre che non sono attualmente conservate al British Museum, bensì al Nuovo Museo dell’Acropoli di Atene. Il riallestimento del complesso plastico in uno spazio che ne esaltasse l’unitarietà era ideale: infatti, pur essendo il fregio situato nella parte superiore della ‘cella’ del tempio, quindi non visibile contemporaneamente ai frontoni e alle metope situati all’esterno del tempio, essi costituiscono un complesso stilisticamente unitario, dominato dalla personalità artistica di Fidia. L’individuazione dell’Aula Magna ha consentito così di creare un altro polo della Gipsoteca. Il recupero di affascinanti ambienti storici dell’Accademia e delle antiche porte, secondo un linguaggio architettonico contemporaneo, crea un’opera in sé in cui protagonista è la stratificazione e la contaminazione della storia: dalle presenze classiche alle volte della sala del secolo XVII, ai discreti elementi di arredo contemporanei.

Sono state adottati sistemi sofisticati di allestimento. Tecnicamente il fregio è sostenuto da una griglia metallica, infissa nella muratura retrostante che, oltre a sostenere le formelle, sorregge anche due fasce, in alto e in basso, di ‘isolamento visivo’ del manufatto.

L’illuminazione è contenuta nella struttura di sostegno del fregio ed è composta di due tipi: nella parte superiore, nascosti dalla fascia che corre in alto lungo il fregio, corpi illuminanti di grande potenza sono diretti verso la volta, dalla quale è riflessa verso il basso una luce ambientale; nella parte inferiore la luce scende lungo il perimetro delle pareti, con effetto wall-wash; infine, una sottile striscia luminosa di LED sottolinea la giunzione tra la struttura ed i muri. La visibilità dei percorsi è in questo modo garantita anche nel caso che la sala debba essere oscurata. Una ulteriore fonte di illuminazione è costituita dai riflettori sospesi alla struttura metallica trasversale e diretti verso il fondo della sala che consentono una gestione della luce di tipo più ‘teatrale’. Una sala versatile e polifunzionale, dunque, all’avanguardia anche dal punto di vista acustico e illuminotecnico per essere il cuore culturale e pulsante di un’istituzione come l’Accademia, proiettata verso il futuro.

Anche l’Aula Magna, quindi, come la Gipsoteca è laboratorio di conoscenza e luogo di studio, cosicchè l’esposizione delle parti decorative del Partenone non vuole essere una semplice musealizzazione, anche se rispetta standard espositivi museali che favoriscono la giusta fruizione delle opere esposte. Convinti come siamo che i saperi devono essere tràditi per essere tradìti, questo è il senso e il valore dell’Aula Magna e della Gipsoteca dell’Accademia di oggi e di domani, questo il futuro del classico: il recupero dell’antico e dell’archetipo come strumento di formazione artistica a futura memoria ed insostituibile stimolo per la creatività.

L’inaugurazione della nuova Aula Magna conclude i lavori di studio e di restauro sui gessi Fidiaci protrattisi per circa otto anni.

Il lavoro prese avvio nel 2002, grazie all’interessamento dell’allora vicedirettore prof. Alfredo Scotti che, diventato poi Direttore a sua volta, diede continuità all’intervento. La prima fase fu solo conoscitiva e fu da me condotta nell’ambito dell’insegnamento di Restauro 2. La situazione di partenza era piuttosto sconfortante, le lastre accatastate una sull’altra erano depositate nell’attuale Galleria del Giardino dell’Accademia a piano terra. La relazione prodotta servì innanzitutto a verificare il numero delle opere e a valutarne lo stato di degrado. Nell’anno accademico 2003-04 iniziò il recupero delle trentatré lastre della processione panatenaica. Come docente del corso di restauro stucchi e gessi fui nominato responsabile e direttore dei lavori realizzati dagli allievi della Scuola di Restauro, corso di Conservazione e restauro delle opere d’arte moderne e contemporanee. La supervisione e l’alta sorveglianza dell’intervento spettava alla ex Soprintendenza BAPSAE, retta dal Soprintendente Enrico Guglielmo, funzionario responsabile Dott.ssa Gemma Cautela, con la quale si è instaurato un proficuo rapporto grazie al quale è stato possibile iniziare, sviluppare e portare a termine l’intero intervento conservativo.

Su alcune lastre del fregio panatenaico, una serie di provinature consentiva di identificare la patina originale, ritrovata al di sotto di una pesante applicazione di “acqua di creta” messa in opera quando il fregio venne montato nel teatro negli anni Cinquanta. La procedura seguita per i restauri ha avuto una forte valenza didattica. Per ogni pezzo è stata redatta una scheda con i dati identificativi, soggetto, dimensioni, numeri di inventario, nonché le osservazioni inerenti le tecniche di formatura adottate grazie a rilievi grafici delle tracce lasciate dai tasselli sul calco. La scheda veniva completata producendo una mappa del degrado, nonché un progetto di massima dell’intervento. Una campagna fotografica, estesa anche al retro, completava l’indagine preliminare. Il docente di diagnostica Prof. Donato Inverso ha analizzato microprelievi delle lastre confermando quanto precedentemente riscontrato.

Tre erano gli stati conservativi dei calchi fidiaci, il più problematico era senza dubbio quello delle lastre del fregio, meno grave quello dei due gruppi scultorei, e in uno stato discreto si trovavano le quattro lastre delle metope che, essendo murate già da lungo tempo a notevole altezza, avevano subito meno danni. Sul primo gruppo è stato adottato un sistema di impacco a base di acqua distillata per rimuovere lo spesso strato di creta. L’uso dell’acqua pone un problema dovuto all’igroscopicità del gesso; per tale ragione le formulazioni impiegate comprendono l’aggiunta di sostanze addensanti che trattengono il liquido in superficie, limitandone la penetrazione. La composizione e le percentuali possono variare da caso a caso (una di queste prevede una miscela di metilcellulosa, seppiolite, glicerina ed acqua distillata; l’altra, l’aggiunta di silice micronizzata altre ancora l’uso di laponite ecc.). Va sottolineato come l’abilità e la sensibilità dell’operatore siano fattori decisivi per una buona riuscita della pulitura, anche se non sempre viene posta la dovuta attenzione a questa variabile, a favore della correttezza e scientificità del sistema applicato. Gli stessi tamponi in cotone che sono stati risolutivi per ridurre lo spessore dell’argilla, possono provocare danni se non si comprende appieno quando e come utilizzarli. Una serie di ottimi risultati si sono ottenuti ultimamente con l’utilizzo dei gel di Agar-Agar. Grazie ad una serie di incontri e confronti con colleghi restauratori che sperimentano e testano questo prodotto, ho avuto modo di adottarlo nel corso di restauro a partire dal 2008. Il lavoro di pulitura, nella maggior parte dei casi, si è rivelato migliorativo rispetto ai precedenti sistemi e consente gradualità e possibilità di controllo. Sui gessi del fregio e sulle metope non è stato applicato nessun consolidante, né altro trattamento finale in quanto superfluo. I due gruppi scultorei sono stati restaurati dal Prof. Ignazio Di Bella, docente di Restauro dei materiali lapidei.

Hanno collaborato in tutto più di settanta allievi per portare a termine questo importante cantiere-scuola che si è sviluppato parallelamente ai lavori della Gipsoteca.

Un ringraziamento particolare in primo luogo ai protagonisti di questa impresa, gli allievi del corso di restauro, al Direttore Giovanna Cassese che ha saputo col proprio lavoro dare degna collocazione alle opere, al Presidente Sergio Sciarelli e a tutto lo staff amministrativo. Collaborando con colleghi amici, come l’Arch. Lucio Turchetta docente di Allestimento spazi espositivi e con l’Arch. Renzo Cecconi, nonché con gli artigiani e trasportatori coinvolti, si è riusciti a concretizzare e portare a termine ciò che all’inizio dell’intervento sembrava solo una mera utopia.

Giovanna Cassese
curatrice

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il teatro antonio niccolini

La realizzazione del Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli si deve all’architetto Giuseppe Cotugno. L’intervento prevede la specializzazione alla funzione spettacolare di uno dei due grandi ambienti posti sul corpo occidentale dell’edificio ed in particolare del vasto ambiente simmetrico all’attuale Biblioteca dell’Istituzione. A tal fine, sulla testata meridionale di questa sala era stato inserito un ampio boccascena rettangolare inquadrante il proscenio avanzato, a sua volta separato, grazie a due ampi pilastri ottocenteschi, dal palcoscenico ricavato nel contiguo ambiente corrispondente all’avancorpo meridionale del fronte dell’edificio prospettante su via Bellini.
I lavori diretti da Cotugno sono documentati dal 1949-50 fino al 1953-54, in concomitanza, peraltro, con le celebrazioni del secondo centenario della fondazione dell’Istituto (1752), nell’ambito delle quali dovette evidentemente originarsi l’iniziativa di dotare l’Accademia di una sala teatrale ad uso degli allievi.
La struttura dovette essere ultimata nel 1954, come documentano gli ultimi pagamenti per i lavori di completamento.
L’originario assetto della sala è attestato da una fotografia pubblicata da Costanza Lorenzetti nel suo ampio rendiconto sull’istituzione napoletana. L’immagine è anche utile per ricondurre a questa fase la chiusura degli ampi finestroni dell’auditorio prospettanti su via Bellini, chiusura necessaria per un congruo isolamento acustico e visivo dello spazio. Come ancora oggi, l’ingresso all’auditorio avveniva attraverso tre porte comunicanti su una lunga sala suddivisa in campate coperte da volte a crociera, residuo dell’antica struttura conventuale. La copertura della platea comprendeva un sistema di pannelli a profilo concavo, degradanti in altezza dal boccascena verso l’estremo opposto dell’ambiente. Utilizzata per migliorare la resa acustica del teatro, la struttura presentava un raccordo concavo con l’elemento trabeato del boccascena.
Modifiche a questo assetto furono apportate nel 1964, quando, su iniziativa dei professori Giovanni Girosi e Salvatore Michelino, docenti dell’Accademia, furono eliminate le infrastrutture teatrali – ovvero sipario, siparietto e ribalta – e soppresso il proscenio avanzato, rimettendo in luce l’arco e i due pilastri ottocenteschi che ancora oggi separano l’auditorio dalla scena.
Ulteriori trasformazioni sono state effettuate tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, sotto la supervisione del Prof. Tony Stefanucci. A seguito del crollo di una parte della controsoffittatura costruita da Cotugno, le trasformazioni riguardarono la totale rimozione di quest’ultima e della pedana inclinata della platea, egualmente danneggiata.
A partire dalla sua inaugurazione, il teatro è stato utilizzato soprattutto per gli spettacoli degli allievi delle scuole di Scenografia, così costituendo, peraltro, un raro esempio di spazio teatrale attivo all’interno delle Accademie di Belle Arti della penisola.
La sala è stata di recente ammodernata secondo il progetto (2008) redatto dallo Studio Alvisi- Kirimoto Partners di Roma ed è stata riaperta ufficialmente al pubblico l’otto giugno 2010 con l’intitolazione ad Antonio Niccolini.
L’intervento ha riguardato la riapertura delle ampie finestre dell’auditorio e ha inteso recuperare, limitatamente alla sala, l’originale trasparenza della facciata alviniana, consentendo, peraltro, anche lo svolgimento di riunioni e spettacoli diurni con luce naturale.

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la gipsoteca il futuro del classico

la gipsoteca come laboratorio
Dal XVI secolo, il fondamento dell’insegnabilità dell’arte si fonda sulla formula “disegno da disegni, disegno da calchi, disegno dal vero”. E’ chiaro, quindi, che i calchi hanno rappresentato uno strumento essenziale per la didattica delle arti, soprattutto dal XVIII secolo in poi, con la diffusione del Neoclassicismo. Da allora le Gipsoteche sono state i luoghi per eccellenza per la conoscenza dell’antico, per la diffusione del gusto classico e per la pratica del disegno. Dall’età neoclassica in poi, si è venuta costituendo la preziosa raccolta di calchi e sculture in gesso dell’Accademia partenopea quale insostituibile strumento didattico. Si contano calchi di eccezionale qualità di fattura, come l’Ares Ludovisi, opere rare come l’Antinoo Mondragone, pezzi fondamentali della storia dell’arte come il Laocoonte e molti calchi dalle sculture farnesiane e non, tratti da originali del Museo Archeologico, dove era ubicata la stessa Accademia fino all’Unità d’Italia.
La raccolta di gessi di Napoli non conta, però, solo opere dall’antico, ma anche copie da esemplari medievali, rinascimentali e moderni, nonché modelli originali di allievi in Accademia, come il pregevole bassorilievo di Liberti da Thorwaldsen o pezzi unici come il Napoleone in veste di Marte Pacificatore di Canova. E’, quindi, una cartina al tornasole per capire istanze poetiche e stilistiche che hanno dettato le ragioni delle diverse acquisizioni; infatti il ritorno all’antico – o meglio al “classico” in quanto scelta dell’archetipo – è sempre avvenuta secondo la prospettiva della contemporaneità.
Dalla seconda metà del XX secolo, i gessi hanno però subito una “sfortuna” critica connessa alle nuove poetiche dell’avanguardia che hanno influito non poco sul depauperamento, deterioramento e dispersione di tale patrimonio. Soltanto con il superamento della dicotomia avanguardia/accademia, in epoca post-moderna dagli anni ’90, si è assistito in ambito nazionale ed internazionale ad una nuova e progressiva attenzione per queste opere, sia dal punto storico artistico che conservativo. Per la pregevole raccolta della nostra Accademia, nel 2004 è stato emanato il Decreto di Vincolo, grazie all’attenzione della dott. Patrizia di Maggio della Soprintendenza BAP-PSAE di Napoli, in quanto questi calchi sono stati riconosciuti opere di “eccezionale interesse artistico e storico”.
Intanto, dagli inizi del terzo millennio la riforma dei percorsi formativi dell’Accademia andava restituendo nuova importanza al Disegno, riconoscendola disciplina obbligatoria in tutti i corsi sperimentali dell’Accademia. Nell’epoca del disegno informatico, ri-nasce, quindi, una nuova curiosità e una grande necessità di saper disegnare attraverso l’abilità di una mano educata.
Contemporaneamente, nell’Accademia di Napoli veniva acceso il Corso di restauro stucchi e gessi nell’ambito del Corso Sperimentale di Diploma di I e II livello in Conservazione e Restauro delle opere d’arte moderne e contemporanee. Ecco, dunque, come in Accademia negli ultimi anni si siano create tutte le condizioni favorevoli per un’accelerazione nelle azioni di tutela, salvaguardia, restauro e valorizzazione del patrimonio dei calchi e gessi, condizioni che hanno condotto all’attuale riapertura delle nuove sale della Gipsoteca, anche a seguito di una seria campagna di restauri dei calchi e sculture in gesso diretta dal professore Augusto Giuffredi, con il prezioso contributo della Dott. Gemma Cautela della Soprintendenza BAP-PSAE di Napoli.
Oggi un museo in Accademia deve rispondere a più necessità: non solo quella espositiva e conservativa ma, soprattutto, quella didattica, restituendo così al museo stesso una delle ragioni d’essere della sua fondazione. Più che museo, quindi, nel senso attuale del termine, ovvero meta del tempo libero e del viaggio, la Gipsoteca di Napoli si propone come laboratorio didattico per eccellenza: luogo della formazione e della creazione per il disegno, il disegno per il restauro, l’incisione, la storia delle arti, l’anatomia, le tecniche della scultura, le tecniche della formatura, il restauro di stucchi e gessi, ma anche il luogo privilegiato per lo studio della storia dell’arte classica, medioevale e moderna, della museografia, della storia del collezionismo e della storia del restauro.
I criteri allestitivi hanno privilegiato, quindi, una distribuzione dei materiali per temi e tipologie, al fine di creare suggestioni ed evocazioni suggerite anche dal confronto e dalla comparazione. Le iconografie principali sono: la bellezza muliebre, il pensiero dell’uomo, la raffigurazione dei filosofi, il sacro nell’arte, gli eroi e l’arte della guerra, gli dei e i semidei. Elementi architettonici e partiti decorativi sono distribuiti nelle quattro sale dai titoli evocativi: Galleria delle statue, Sala del sacro, Sala degli eroi, Sala degli dei.
Tutti i pezzi sono disposti lungo le pareti, anche se molte sculture sono su basi rotanti e mobili (in parte recuperate, in parte rifatte tenendo presente l’antico modello) per permettere spostamenti e posizionamenti diversi, giustificati anche da fini didattici. Volutamente gli spazi sono affollati, scenografici, come nella migliore tradizione delle gipsoteche storiche: il centro delle sale è vuoto, per consentire in prima istanza ai giovani artisti di poter disegnare e studiare, di poter muovere i calchi a seconda delle diverse esigenze.
Convinti come siamo che i saperi devono essere tràditi per essere tradìti, questo è il senso e il valore della Gipsoteca nell’Accademia di oggi e di domani, questo il futuro del classico: ovvero il recupero dell’antico e dell’archetipo come strumento di formazione artistica a futura memoria ed insostituibile stimolo per la creatività.

Giovanna Cassese
curatrice

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elenco statue in galleria [scarica qui]
stato di conservazione e interventi di restauro – augusto giuffredi [scarica qui]

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bandi di concorso

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messaggio del direttore

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organigramma

presidente

prof. Paolo Ricci [curriculum vitae] [report]
direttore
prof.Giuseppe Gaeta [curriculum vitae]
vicedirettore
Prof.ssa Erminia Mitrano

cda 
presidente 
prof. Paolo Ricci [curriculum vitae] [report]
vicepresidente
prof.Giuseppe Gaeta
rappresentante Docenti
prof.Pier Luigi Ciapparelli [curriculum vitae]
rappresentante Miur
dott.Antonio Tarasco [curriculum vitae]
rappresentante Studenti
Federica Romano [curriculum vitae]
[verbali e delibere]
[bilancio e obiettivi 2015]
[rendiconti]

Consiglio accademico
presidente
Prof.Giuseppe Gaeta
rappresentante consulta
Adriana De Manes
Rosella Gallo
Dario Giugliano
Renato Lori
Erminia Mitrano
Mario Punzo
Marco Rinaldi
Pellegrino Squillante
Angelo Vassallo
Andrea Zanella
Sonia Giampaolo
rappresentante consulta
Sara Tiano
[verbali e delibere]

direttore amministrativo
dott. Francesco Salerno / dott. Antonio Mennella

direttore di Ragioneria
Anna Maria Lubrano Lavadera

collaboratore di biblioteca
Manuela D’Agostino / Barbara Costantino

segreteria di direzione
Nicoletta Martino
assistente

ufficio segreteria studenti
Bianca Mauro / Francesco Esposito / Michele Salvemini
assistenti

ufficio economato
Salvatore Arianna / Mario Morelli / Roberta Esposito
assistenti

ufficio protocollo e archivio
Luigi Moschetti
assistente

ufficio del personale
Giuseppina Scognamiglio
assistente

coadiutori
Ciro Auriemma / Renato Belgiglio / Assunta Cannavale / Gennaro Cicatiello / Patrizia Crisai / Antonio De Simone / Pietro Esposito / Leonetto Faga / Vittorio Ferrante / Mario Granizio / Pasqualina Liberti / Giovanni Luongo / Maria Rosaria Marino / Salvatore Nappi / Eduardo Pacella / Alessandro Romano / Anna Russo / Raffaele Ussorio

nucleo di valutazione: relazione sull’a.a. 2010-2011 [scarica qui]

Amministrazione Trasparente

 

 

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storia dell’accademia

L’Accademia di Belle arti di Napoli è una delle più antiche e prestigiose d’Italia. Venne fondata da Carlo di Borbone nel 1752 con il preciso intento di “educare” i giovani aspiranti artisti e, fino a qualche decennio fa, era l’unica Accademia dell’Italia meridionale peninsulare. L’Accademia di Belle Arti di Napoli costituisce, quindi, un luogo fondamentale per lo studio delle arti e sulle arti a Napoli e nel meridione d’Italia dalla metà del XVIII secolo ad oggi. Tra alterne vicende che l’hanno vista comunque protagonista della storia artistica del sud, è sempre stata polo aggregante delle diverse realtà e luogo di dibattito sulle arti. In essa non solo si sono formate intere generazioni di artisti meridionali ed italiani, ma vi hanno lavorato famosi maestri e docenti stranieri, creando quel clima europeo che ancora attualmente caratterizza la nostra Istituzione attraverso una fitta rete di relazioni e scambi culturali. Oggi le Accademie in Italia si vanno rifondando in ordine alla nuova legge di riforma (L. 508/1999), varata per adeguare l’organizzazione degli studi e la valenza del titolo agli standard europei: le Accademie, luoghi peculiari e carichi di eccezionali potenzialità, sono imprescindibili per la formazione artistica approfondita e la riforma ha finalmente riconosciuto il livello universitario alle Accademie di Belle Arti in Italia che rilasciano diplomi equiparati alla laurea di I e II livello. È stato cosi definitivamente sancito il ruolo determinante di queste Istituzioni di alta cultura preposte alla formazione ai massimi livelli in campo artistico, in una nazione in cui l’arte sicuramente ha prodotto e produce ricchezza e molta di più ne potrebbe produrre, solo se si portasse avanti una politica più sensibile ed attenta nel settore delle arti, dei beni culturali e della creatività. Comunque, il novantanove per cento di coloro che sono artisti ha frequentato un’Accademia di belle arti.
L’Accademia di Belle Arti di Napoli oggi è un’Istituzione complessa, detentrice di uno know-how peculiare, fiera di essere allocata in un monumentale edificio e proiettata verso il futuro per rispondere sempre meglio alla sua mission istituzionale di alta formazione per ciò che concerne didattica, ricerca, sperimentazione, innovazione e produzione nel campo delle arti. Tutto ciò grazie anche al grande ampliamento dell’offerta formativa e ai sempre più stretti rapporti con Istituzioni pubbliche e private. Ma non può esserci creatività e innovazione senza cultura e conoscenza.
L’Accademia di Napoli forma circa duemilatrecento studenti, non solo campani, con una significativa presenza di stranieri. La nuova dimensione universitaria e l’ampliamento degli indirizzi sta comportando una ulteriore espansione del numero degli studenti. Luogo privilegiato e deputato al “fare artistico”,  l’Accademia di Napoli si pone, al presente, l’ambizioso obiettivo di formare i nuovi quadri della produzione dell’immagine tout court, non solo, cioè, nel vasto ambito delle arti figurative, ma anche per quel che concerne la creatività applicata all’uso dei nuovi media, della grafica pubblicitaria, del design, del restauro dei beni culturali e della didattica dell’arte, della fotografia, del cinema e della televisione.
Oggi l’offerta formativa dell’Accademia di Napoli propone corsi di diploma di I livello in Pittura, Scultura, Decorazione, Grafica d’arte, Scenografia, Graphic Design, Nuove tecnologie dell’arte, Fashion Design, Didattica dell’arte, Fotografia, cinema e televisione e corsi di II livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo (indirizzi Pittura, Decorazione, Scultura, Grafica), in Scenografia per il teatro e Scenografia per il cinema e la televisione, in Fotografia, in Fashion Design, in Costume per lo spettacolo, in Graphic Design per la comunicazione pubblica, in New Media Art. Inoltre in Accademia si tengono i Corsi di II livello per la formazione dei futuri docenti nell’area delle arti e del disegno. In particolare l’Accademia di Belle Arti di Napoli a partire dall’anno accademico 2011-2012 ha acceso il corso quinquennale a ciclo unico in Restauro abilitante alla professione di restauratore di beni culturali, con tre indirizzi professionalizzanti, essendo stata accrditata dalla Commissione tecnica Mibac – Miur per le attività istruttorie finalizzate all’accreditamento delle Istituzioni formative e per la vigilanza sull’insegnamento del Restauro, presieduta da Marisa Dalai Emiliani. Così, insieme all’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, l’Opificio delle Pietre Dure, alcune Università e Accademie, l’Accademia di Napoli è tra le poche Istituzioni accreditate al rilascio del diploma di II livello in Restauro appunto abilitante alla professione di restauratore dei Beni Culturali.
Già dal 2000 era acceso il corso quinquennale  (3+2) di “ Conservazione e Restauro delle opere d’arte moderne e contemporanee” di Napoli, unico del MIUR, nell’ambito dell’Alta Formazione di Restauratori di opere d’arte moderne e contemporanee in Italia centro meridionale. Tra i primi interventi la manutenzione ed il restauro condotti nell’ambito dei cantieri-scuola nelle stazioni dell’arte della linea 1 Metropolitana di Napoli. Ma moltissimi sono stati i restauri effettuati dalla Scuola di restauro, sotto l’alta sorveglianza del MIBAC, a cominciare da quelli sulle opere del patrimonio stesso dell’Accademia (dipinti, sculture, disegni, calchi in gesso).
La specifica formazione delle Accademie costituita dalla koiné dei saperi teorici, progettuali e laboratoriali viene finalmente aggiornata alle nuove esigenze socio-culturali e del mercato del lavoro, garantendo la possibilità di rafforzare il nesso formazione-lavoro ed assicurando i collegamenti dei nostri Istituti riformati con le altre Istituzioni universitarie, le imprese e i luoghi di lavoro intellettuale, stabilendo, infine, feconde interconnessioni con le Facoltà universitarie sia umanistiche che tecnico-scientifiche, nonché imprescindibili collaborazioni con le imprese dei settori tecnologici e telecomunicativi o con le Istituzioni preposte alla tutela, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio, a seconda degli indirizzi dei corsi di diploma.
Infatti, negli ultimi anni si sono accese molteplici collaborazioni con enti pubblici e privati per permettere a tutti i nostri studenti di fare stages particolarmente formativi. Tra le convenzioni più significative atte a incrementare e rafforzare il nesso tra formazione e lavoro s ricordano quelle con tutte le Soprintendenze del territorio e con i loro laboratori di restauro per gli studenti del corso di restauro o quelle con i Teatri napoletani per gli studenti di scenografia, Metronapoli e Metropolitana di Napoli per la salvaguardia delle stazioni dell’arte della linea 1 e 6 della metropolitana di Napoli e con il Napoli Teatro Festival e con il Napoli Film Festival e la Città della Scienza.
Infine, nell’ambito dell’adeguamento agli standard europei, particolare importanza viene data dall’Accademia di Napoli al processo di internazionalizzazione, incrementando lo scambio di allievi e docenti di altre Istituzioni internazionali e non solo attraverso il Progetto Socrates ed Erasmus, ma sfruttando ogni possibilità disponibile e molti sono anche i rapporti con il mondo orientale ed in particolare con la Cina, grazie al Progetto Turandot; inoltre, dopo parere favorevole dell’Agenzia Europea Erasmus, l’Accademia di Belle Arti di Napoli, a partire da quest’anno accademico, potrà vantarsi di garantire ai propri studenti il diploma Supplement.
Le Accademie non sono, però, soltanto mere scuole o “università” che dir si voglia, ma Istituzioni particolarmente ricche complesse. Molte, e principalmente quelle storiche, sono beni culturali esse stesse, sia per gli edifici monumentali che occupano, sia per il ricco patrimonio di opere d’arte e documenti che conservano. Questo è un dato particolarmente vero per l’Accademia di Napoli, ospitata dalla metà del XIX secolo nella sua attuale e magnifica sede, l’ex convento di San Giovanni delle Monache, restaurato e appositamente adeguato alla nuova destinazione d’uso da Enrico Alvino. Fin dalla sua fondazione e poi lungo il corso del XIX secolo, l’Accademia di Belle Arti di Napoli ha creato una sua raccolta con acquisti, donazioni e acquisizione di prove di concorsi. Grazie all’impegno di artisti illuminati quali Palizzi e Morelli, che credevano nell’importanza del museo per la didattica delle arti, si costituì la Galleria regionale d’Arte Moderna con Regio Decreto del 1895.
L’Accademia di Napoli ha così il privilegio, tra le Accademie italiane, di non aver visto espropriato il suo patrimonio di opere d’arte ed è quella che possiede la più cospicua raccolta museale. Esclusa la Gipsoteca con le sue centinaia di pezzi, alcuni rari e di gran pregio, la Galleria Regionale d’Arte Moderna dell’Accademia consta di quasi mille opere tra dipinti, disegni e sculture, di cui quasi cinquecento dipinti, oltre duecento disegni e circa settanta sculture.
Formatasi per esigenze didattiche, ovvero poiché “gli allievi conoscessero l’arte dei maestri”, la Galleria comprende opere dal Cinquecento al Novecento. Prevalentemente si caratterizza, però, per il consistente nucleo di opere del secolo scorso e della prima metà del nostro. La raccolta, che include e si caratterizza anche per il nucleo di 227 opere donate nel 1898 da Filippo Palizzi, è preziosa soprattutto per conoscere le arti nel meridione in età contemporanea. Dopo che per decenni è stata chiusa e negata agli studenti, alla città e agli studiosi, nel 2005 è stata riaperta al pubblico, ampliata nella sede, aggiornata e arricchita con le opere dei maestri che hanno operato nell’Accademia di Napoli dal 1950 in poi, rinnovata e ammodernata nei depositi e nel nuovo ordinamento museale. Proprio le sale dedicate ai nostri maestri dell’ultimo cinquantennio contribuiscono a scrivere una pagina della nostra recente storia artistica troppo spesso dimenticata o mistificata e non sembra casuale questa riapertura museale nell’attuale congiuntura partenopea, che nel giro di pochi mesi ha visto l’inaugurazione di altri due nuovi musei del contemporaneo, il PAN e il MADRE. Avere una Galleria, e connessa ai fini didattici e di ricerca connaturati all’essenza vocazionale stessa della nostra Istituzione, significa rafforzare l’operare dell’Accademia di Napoli nel sistema delle arti contemporanee. Da tre anni l’Accademia organizza mostre monografiche dedicate ai MAESTRI, già si sono tenute quelle dedicate a Guido Tatafiore, Domenico Spinosa, Augusto Perez ed Emilio Notte.
La nostra scommessa sarà vincente nell’ambito dell’alta formazione artistica se sapremo sempre più valorizzare ed arricchire il nostro patrimonio artistico e culturale. Questo patrimonio diventa il pilastro fondante della formazione delle giovani generazioni che troveranno nuova linfa e nuovi stimoli nel suo valore storico ed estetico.
E se la politica culturale di questa direzione si fonda sul promuovere la dignità dell’Accademia di Napoli in ogni ambito, ciò è vero principalmente attraverso la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del suo patrimonio di beni mobili e immobili. Dopo l’apertura della preziosa Galleria, infatti, il 30 ottobre del 2007 si è inaugurata la Gipsoteca in sale rinnovate, a seguito della campagna di conservazione e restauro dei rari e seducenti calchi e gessi del XVIII e XIX secolo a cura del Corso di Conservazione e Restauro delle opere d’arte moderne e contemporanee; nel 2009 ha aperto la prestigiosa e storica Biblioteca “Anna Caputi” con circa 1800 volumi, di cui alcuni antichi e rari, e si è ultimato il riordino e la schedatura dell’intero patrimonio librario e il conseguente inserimento in rete attraverso il sistema SBN (Servizio Bibliografico Nazionale), in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Napoli, e è ricominciata una politica di acquisti per l’implementazione dei fondi librari nell’ambito delle arti contemporanee e dello spettacolo. Nel 2010 si sono inaugurati il Teatro Antonio Niccolini, messo a norma e riprogrettato da Massimo Alvisi, e l’Aula Magna con la ricollocazione dopo il restauro dei calchi ottocenteschi del fregio e delle metope del Partenone. E in ultimo, nell’ambito di questa politica pluriennale tesa alla valorizzazione di un patrimonio troppo a lungo dimenticato, si è portato a termine l’ammodernamento e risistemazione del prezioso Archivio Storico con documenti preziosi per la nostra storia artistica dal Settecento in poi.
Le numerose richieste di partecipazione ad eventi e manifestazioni di rilievo nazionale ed internazionale, l’imminente apertura del teatro, modernamente attrezzato, la ristrutturazione della storica biblioteca arricchita e riaggiornata quale centro di documentazione sulle arti soprattutto contemporanee e meridionali e la sua informatizzazione, la risistemazione dell’Archivio Storico e la sua integrazione fino ai nostri giorni, in un progetto di collaborazione con la Soprintendenza Archivistica della Campania, il restauro dei gessi per la nuova Gipsoteca e la sua integrazione attraverso copie dal Museo Archeologico Nazionale, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Napoli, sono una realtà che ha la forza di ridare dignità e ruolo di alta cultura alla nostra Istituzione.
Oggi un museo in Accademia deve rispondere a più necessità: non solo quella espositiva e conservativa ma, soprattutto, quella didattica, restituendo così al museo stesso una delle ragioni d’essere della sua fondazione. Più che musei, quindi, nel senso attuale del termine, ovvero meta del tempo libero e del viaggio, la Galleria e la Gipsoteca di Napoli si propongono come laboratori didattici per eccellenza, luogo della formazione per le generazioni di artisti del futuro.
L’Accademia di Belle Arti di Napoli, quale Istituzione complessa e polivalente di alta cultura, attualmente si propone quindi quale luogo privilegiato dove far convivere tecnologia e creatività in maniera inedita, con un’offerta formativa ampia e di qualità che spazia dalla pittura e dalla scultura al design, alla fotografia, al cinema, alla video arte e al fumetto, al restauro.
Significativi lavori di ammodernamento delle aule e dei laboratori sono stati effettuati negli ultimi anni con grandi implementazioni delle attrezzature e strumentazioni, a cominciare dalle aule multimediali, laboratori di scenotecnica e aule di scenografia, laboratori di graphic design, sala per il disegno, laboratorio di scultura, laboratori per le nuove tecnologie, per la grafica d’arte e per fashion design, così la nuova aula magna con il riallestimento delle parti scultoree in gesso del Partenone e il grande investimento per i nuovi laboratori di restauro; ed è stata ultimata la rete wi-fi per tutta l’Accademia e molti altri progetti sono in cantiere.
Oggi un nuovo capitolo si apre, la partita da giocare è di notevole importanza per la nostra Istituzione poiché l’Accademia si pone come spazio privilegiato per sperimentare percorsi legati alla sua specifica natura laboratoriale dove teoria e prassi, innovazione e creatività dialogano tra loro offrendo un poderoso antidoto contro il dilagante abuso tecnologico che produce nuove più subdole schiavitù, se non filtrato dalle visioni e dalle emozioni in una scala di valori estetici e formali. Il clima di fervore che si respira nell’Accademia e la rinnovata attenzione nei suoi confronti da parte delle Istituzioni pubbliche e private, nonché della stampa cittadina e nazionale, sono un chiaro segno dell’inversione di tendenza, in termini di modernità e di inserimento nel sistema del contemporaneo, che va delineandosi in questi ultimi anni e sono il naturale sviluppo di un lavoro condotto con impegno e nella convinzione della necessità dell’arte per lo sviluppo civile di una nazione.
Produzione, ricerca e sperimentazione sono i cardini di intervento dell’Accademia di Napoli riformata, Istituzione storica prestigiosa che ha così l’ambizione e la possibilità di ripensare e ridisegnare i suoi obiettivi formativi proiettandoli nel futuro. La volontà è quella di aprirsi sempre più alle istanze socio-culturali della città e della nazione, instaurando collaborazioni di ogni tipo, ma al tempo stesso di restare sempre memore e cosciente della propria tradizione, difendendo il suo specifico know-how laboratoriale, ingrediente essenziale per la diffusione della cultura artistica, in una città viva e ricca di iniziative di richiamo internazionale quale è Napoli nel primo decennio del ventunesimo secolo. Perché non può esserci creatività e innovazione senza cultura e conoscenza.


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“Non chiederò deroghe, con Bersani candidato, il rinnovamento lo agevolerò…Ma se vince Renzi sarà scontro, in quel caso ci sarà scontro politico”. E’ una sfida aperta quella che Massimo D’Alema lancia a Matteo Renzi, nel corso della trasmissione Otto e mezzo, in onda su La 7. “Se vince Bersani, avrà a disposizione il mio posto in lista”, ha spiegato D’Alema. Se vince Renzi, invece, “ci sarà uno scontro politico”. E ancora: “Renzi non è il rimedio ma è peggio del male perché è un elemento di divisione. Il difetto del centrosinistra è stata la divisione”. Una rinuncia quella dell’ex premier che arriva, per motivi diversi, a quella di Walter Veltroni 1.

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