La perdita di un collega e di un amico è sempre una ferita insanabile, soprattutto per una comunità che, pur crescendo, resta comunque uno spazio di relazioni umane e personali. Di Arminio Pietrantonio ricordo lo sguardo che andava oltre le cose, oltre l’ovvia immanenza della materia, oltre la logica rigidamente euclidea del ragionamento. Ricordo le passeggiate e le discussioni, la sua attenzione per il particolare, quelli che lui chiamava i “frammenti”. E l’attenzione silente verso le persone e le cose, silente ma mai assente, mai distaccata, sempre velata di delicata empatia. Oltre il dolore resta la traccia del lavoro e del pensiero comune. Un segno leggero ma incancellabile di un percorso fatto insieme, comunque troppo breve.
Giuseppe Gaeta